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RICORDATI DI ME Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 3 agosto 2003
 
di Gabriele Muccino, con Fabrizio Bentivoglio, Laura Morante, Monica Bellucci, Silvio Muccino, Nicoletta Romanoff (Italia, 2003)
 
Cronaca di una famiglia "normale"; o critica di una famiglia frustrata? Papà Fabrizio Bentivoglio con un mestiere di venditore di polizze, l'amante impegnativa (Monica Bellucci...), il romanzo incompiuto nel cassetto; mammà Laura Morante (e tutto un suo carisma...) che tenta di sfuggire all'isterico quotidiano tornando a calcare il palcoscenico; la figlia, che per sfondare in TV come velina si butta come di dovere nelle braccia di calciatori-presentatori; e l'ultimogenito che rema con simpatica, quasi morettiana disperazione (sarà per via della sceneggiatrice in comune Heidrun Schleef?) per farsi adulto fra mille narcisistiche velleità sessualpolitiche.

A Gabriele Muccino non bisogna probabilmente chiedere il rigore di una visione priva di qualche sbandata occasionale. Ma del cinema dell'autore di L'ULTIMO BACIO occorre saper profittare: della sua bella facilità, della sua gradevole felicità. Di una direzione d'attori, tutti impeccabili. Esiste pur sempre (e da sempre non si è mai preso veramente sul serio, perlomeno da parte della critica) un cinema popolare di qualità; quello dei Bertrand Tavernier, Claude Miller, Bertrand Blier, in Francia; o dei Pupi Avati, Gabriele Salvatores, per non scomodare i miti della commedia, restando in Italia. RICORDATI DI ME gioca con grande abilità tutte le carte del genere: non solo la gradevolezza ad ogni costo, ma la fruttuosa scorrevolezza narrativa. Non tanto la facilità consensuale, quanto l'acume, se non proprio la poetica dell'osservazione. Un cinema, anche in quel suo modo di luccicare, che registra l'Italia di Berlusconi, le trasgressioni a buon mercato, le ambiguità del caso: come nell'impennata finale, con il capofamiglia che decide di ricominciare tutto da capo. Dal come si stava bene quando si stava peggio; quando si imbrogliava meglio.

Fotografia d'epoca, nei toni di quella stessa epoca. Dove conta tanto farsi vedere (padre e figlio con l'ossessione del "ma tu come mi trovi?", la mamma che evade nei copioni, la figlia nell'imperante associata di tette e culi) come insegna la maestra televisiva di ogni comportamento. Un attimo tirata a dismisura, e magari un po' scontata; ma sempre nata dallo sguardo di qualcuno che si sente averla vissuta dal di dentro. Pennellate rapide e precise, in quella prima parte che nell'affresco corale ci sguazza a meraviglia. Poi più a fatica, quando si tratta di tirare la morale: ma non è una fatica, pure questa, che fa parte di tutto un discorso?


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